GIOVANI IN POLITICA: QUANDO IL CAMBIAMENTO È UN GIOCO DI SQUADRA
Scritto da FrammaRadioWeb il Gennaio 14, 2025
La politica è delle persone, il cambiamento è dei giovani. Noi, oggi, intervistiamo un giovane politico.
Il consigliere del Comune di Monterotondo Angelo Casu ci racconta la sua missione.
- Cosa l’ha spinto a candidarsi e occuparsi di temi così importanti come
l’inclusione e la cittadinanza?
La consapevolezza che nella nostra società esistono profonde diseguaglianze e che ci
siano meccanismi ingiusti. Questo è il senso del mio fare politica: mettere a servizio della
comunità le mie competenze, le mie sensibilità, per contribuire a cambiare quelle storture
e a migliorare la qualità della vita dei cittadini.
In altre parole, nella mia attività politica cerco di perseguire la “grande ambizione”,
che è volta al bene collettivo e non è schiava del quotidiano, del particolare. - Quali sono, secondo lei, le sfide e le opportunità che i giovani consiglieri
comunali incontrano nel rappresentare le esigenze delle nuove generazioni?
Bisogna riuscire a rappresentare quelle che sono le istanze provenienti dal mondo
giovanile e da una società così complessa come la nostra, cioè saper leggere i processi e
saperli rappresentare. La sfida è saperle portare all’interno delle istituzioni, l’opportunità
è sicuramente portare la sensibilità del mondo giovanile all’interno della politica, quindi
sapervi introdurre delle energie nuove. - Che consigli darebbe a un giovane che vorrebbe impegnarsi in politica per
portare avanti tematiche sociali come queste?
Innanzitutto, consiglierei di partecipare e di non avere paura di portare il proprio bagaglio
di esperienza. Spesso ho riscontrato che i giovani, in un certo senso, hanno timore a
impegnarsi attivamente in politica, ma questo non è un problema dei giovani: è un
problema, semmai, delle strutture politiche, che sono respingenti verso il mondo
giovanile.
Quindi, il consiglio è di non avere paura di esprimere la propria opinione. Chiaramente,
però, la politica non è una battaglia individuale, ma una battaglia che si affronta insieme.
Attraverso la forza della comunità, bisogna fare in modo che quelle idee e quelle
battaglie emergano all’interno del dibattito, anche istituzionale. - Come si può ovviare a questa situazione? Ossia, come si può sensibilizzare la
politica?
È molto semplice: la politica è fatta dalle persone e, fortunatamente, viviamo in un
sistema democratico.
La soluzione, anzi, è sicuramente la partecipazione. È molto semplice: se c’è qualcosa
che non ci piace ma ci riconosciamo nei valori di un partito, si fa squadra e si crea il
consenso per fare in modo che la propria linea e il proprio modo di vedere, diventino
maggioritari.
L’obiettivo è fare in modo che i partiti non siano soltanto contenitori, ma luoghi in cui si
sviluppi uno scambio di idee proficuo, adeguando poi l’azione del partito alle sensibilità
delle giovani generazioni. - Cosa ha ispirato la proposta della cittadinanza comunale simbolica e quale
significato assume questo riconoscimento per la comunità di Monterotondo?
La spinta è stata quella di riconoscere semplicemente ciò che già esiste in città e che non
viene riconosciuto a livello legislativo e istituzionale. La nostra comunità è una comunità
in cui, tutti i giorni, i figli di cittadini italiani e i figli di cittadini stranieri frequentano gli
stessi luoghi di aggregazione e vanno a scuola insieme.
Questa proposta di delibera voleva semplicemente mettere Monterotondo nella
condizione di poter dire: Io riconosco ciò che accade nella mia comunità e non ci vedo
niente di male. Non devo discriminare per il semplice fatto che su una carta d’identità sia
scritta una cittadinanza piuttosto che un’altra.
È chiaro che la legge sulla cittadinanza è di competenza dello Stato, ma ciò che guida il
mio agire politico è sempre l’idea che ciascuno debba fare la propria parte. Cosa poteva
fare Monterotondo? Poteva compiere un’azione forte per sensibilizzare sul tema.
Speriamo di averlo fatto con questa delibera, ecco. - Quali sono stati i principali ostacoli incontrati nel proporre e far approvare la
delibera sulla cittadinanza comunale simbolica?
La proposta di delibera presenta la firma di tutte le liste di maggioranza. Nel presentarla,
ho cercato di ottenere il consenso più ampio possibile proprio perché ritengo che debba
essere, ed effettivamente sia, una proposta trasversale.
I principali ostacoli, all’interno di un dibattito politico complesso come quello di mettere
d’accordo tutte le liste di maggioranza e tutti gli attori, sono principalmente di carattere
culturale e burocratico. Spesso, infatti, si presenta l’ostacolo di proporre un atto
fortemente politico che può essere percepito come in contrasto con una legge nazionale.
Dal punto di vista burocratico, invece, si può creare l’equivoco che tale atto equivalga,
anche da un punto di vista pragmatico, a un’effettiva concessione della cittadinanza.
In realtà, il fine principale della proposta è includere e sensibilizzare sul tema. - Ha avuto riscontri dalle famiglie straniere presenti a Monterotondo su questo
riconoscimento anche se simbolico?
Non ancora. - Quali sono, ad ogni modo, le sue aspettative?
Le aspettative sono che, attraverso la cittadinanza comunale simbolica, i minori a cui si
rivolge la proposta di delibera possano percepire che il Comune, il sindaco e
l’amministrazione comunale hanno fatto qualcosa in più per farli sentire inclusi all’interno
della comunità.
Anche perché, quando si parla di cittadinanza, secondo me non si dovrebbe tralasciare il
tema del disagio psicologico che deriva da un’esclusione, anche formale, dalla comunità
dei cittadini. Ecco, con questa delibera sulla cittadinanza, vogliamo provare a intervenire
su quel tipo di ostacolo. - Esistono strutture di sostegno non solo materiale o economico ma anche
psicologico per queste persone?
Sicuramente può essere un’idea da rafforzare, però sul territorio di Monterotondo già
operano delle associazioni che si occupano di assistere e agevolare non
solo l’ottenimento della cittadinanza, ma anche di supportare i cittadini stranieri nel loro
percorso di inclusione e integrazione. - Come avete intenzione di diffondere questa notizia per fare in modo di
sensibilizzare tutti su questo tema?
C’è sia un’attività di comunicazione istituzionale, attraverso i comunicati del Comune di
Monterotondo e del sindaco, sia un momento annuale previsto all’interno della delibera
per il conferimento della cittadinanza comunale. Questo momento, che sarà guidato dal
sindaco e dall’amministrazione, vedrà la convocazione di tutti i minori a cui si rivolge la
delibera sulla cittadinanza, proprio per dare il massimo risalto a questa iniziativa
consiliare. - Crede che questa iniziativa possa contribuire concretamente a rafforzare il
senso di appartenenza e integrazione nella comunità locale di Monterotondo? In
che modo?
Io credo di sì. Non si tratta semplicemente di un atto burocratico o di una firma su un
registro, ma di un coinvolgimento attivo dei minori, i quali possono direttamente vedere
come l’amministrazione comunale faccia un passo in avanti per riconoscere ciò che
accade ogni giorno.
Riconoscere, cioè, che essi sono parte attiva della comunità. Inoltre, questa proposta di
delibera può rappresentare l’inizio di una serie di proposte e iniziative. In questo modo,
abbiamo fornito anche una base per promuovere ulteriori iniziative di inclusione per chi
non possiede la cittadinanza. - Quali passi ulteriori possono fare le Istituzioni locali per rafforzare il senso di
appartenenza e inclusione tra i giovani di seconda generazione?
Ulteriori passaggi sono questi: il Comune deve sviluppare gli anticorpi e agevolare la
partecipazione attiva di chi vive in prima persona questo problema. L’amministrazione
comunale deve attivare processi partecipativi attraverso cui siano i cittadini stessi, e in
particolare coloro che vivono direttamente questa discriminazione, a partecipare e a
proporre, insieme all’amministrazione, delle soluzioni.
Inoltre, il Comune può attivare diverse iniziative. Può, ad esempio, promuovere eventi di
sensibilizzazione sul tema, soprattutto coinvolgendo le scuole, e prevedere l’apertura di
sportelli di ascolto. Tuttavia, questi sportelli non devono limitarsi all’ascolto, ma devono
diventare uno strumento per condividere buone pratiche, proporre soluzioni e diffonderle
tra la cittadinanza. - Ci sono altre città che hanno adottato o stanno valutando misure simili?
Monterotondo può diventare un modello per altre realtà locali?
Esistono altre realtà, come ad esempio il Comune di Bologna, che riconoscono la
cittadinanza onoraria ai figli di genitori stranieri nati in Italia ma che non hanno ancora la
cittadinanza. Mi viene in mente, oltre a Bologna, anche il Comune di Priverno, che ha
preso iniziative simili sulla cittadinanza onoraria.
Lo scopo, però, era anche quello di caratterizzare Monterotondo, dato che il Comune
contiene, sia nel suo statuto che nella sua tradizione più profonda, i principi di inclusione
e di non discriminazione e di far emergere tali valori anche su questo tema. - In che modo il suo ruolo di giovane consigliere può contribuire a costruire un
dialogo più diretto e significativo tra i giovani e le istituzioni locali?
Penso che il mio ruolo, in quanto consigliere giovane, sia innanzitutto quello di creare
canali di partecipazione. Tuttavia, non credo che essa possa essere semplicemente una
procedura formale.
La partecipazione va costruita. Credo sia necessario diffondere nella cittadinanza un
metodo, un ascolto che non sia calato dall’alto, ma che si adegui ai nuovi metodi di
comunicazione e ai nuovi interessi. Questo vale sia quando si prendono decisioni sulle
politiche giovanili, sia quando si fanno scelte più ampie su cosa deve essere fatto per
migliorare la città. In questi casi, è fondamentale coinvolgere direttamente i giovani, e in
questo processo la collaborazione delle scuole è indispensabile.
Sarebbe interessante, inoltre, l’istituire di un forum dei giovani, con diverse aree
tematiche attraverso le quali un giovane può iscriversi e partecipare, dando il proprio
contributo. Le forme di partecipazione possono essere molteplici, ma il mio contributo,
da giovane consigliere, è sicuramente quello di insistere affinché il tema della
partecipazione giovanile venga posto al centro dell’attenzione dell’amministrazione. - Quali altri progetti o iniziative ha in mente per il futuro che possano rafforzare
l’inclusione e il senso di comunità a Monterotondo?
La mia azione si concentrerà anche su aspetti che riguardano i diritti, come ad
esempio il tema del lavoro, attraverso la discussione di una mozione sul salario
minimo comunale negli appalti pubblici e sulla salute e la sicurezza nei luoghi di
lavoro, e il tema della non discriminazione.
Certamente, un ruolo principale può essere svolto dalla collaborazione e dallo sviluppo di
una rete con le associazioni e con le realtà che già esistono sul territorio, per sviluppare
buone pratiche amministrative.
Dobbiamo, quindi, moltiplicare gli spazi di ascolto e, successivamente, passare all’azione.
Nel programma elettorale abbiamo inserito anche proposte come lo sportello contro le
discriminazioni. Si può partire da queste piccole iniziative e, attraverso la collaborazione
con i cittadini e con le associazioni impegnate sul tema, rendere Monterotondo una città
ancora più inclusiva. - Si potrebbe pensare di passare attraverso centri di aggregazione giovanile,
come Folias, e organizzare eventi che siano più alla portata dei giovani. Non dico
necessariamente di target adolescenziale, ma almeno rivolti ai giovani adulti?
L’aspetto degli eventi e della collaborazione con le altre associazioni rimane centrale.
Tuttavia, come amministrazione, dobbiamo capire, ed è questo l’impegno che intendo
portare avanti, come sviluppare, al di là del singolo evento, un momento di aggregazione
che conduca poi a una proposta concreta e politica.
Secondo me, un’amministrazione capace non è quella che promuove singoli eventi
soltanto per farsi pubblicità, ma quella che sviluppa metodi partecipativi duraturi, che
consentano un’effettiva partecipazione nel tempo.
Certo, il tema del centro di aggregazione è molto interessante, e sarà altrettanto
interessante capire come svilupparlo, magari attraverso l’utilizzo di locali comunali o
trovando altre soluzioni adeguate.
In conclusione, non solo parole, ma un programma concreto che punta a creare spazi di
confronto, sensibilizzare ai diritti umani e costruire, passo dopo passo, un futuro sempre
più equo e partecipativo.
Alice Cuturello
Camilla Pro
Human