RAPA NUI, OCEANIA

Scritto da il Agosto 22, 2023

Bentornati nella nostra rubrica Il mondo da un oblò! Oggi vogliamo proporvi un tema consigliato direttamente da uno dei nostri ascoltatori nonché vincitore della nostra rubrica E questa la sapevi?, Davide. Come argomento per questo articolo, Davide ci ha suggerito di parlare dell’Isola di Pasqua e noi siamo lieti di farlo! Attraverso gli occhi dell’arte e della cultura, entreremo in questo nuovo mondo in modo alternativo.

Rapa Nui, letteralmente “grande isola” o “grande roccia”, si trova nell’Oceano Pacifico meridionale e appartiene allo stato del Cile.

La prima lingua parlata è il rapanui, nota anche come pasquano, e la seconda è lo spagnolo.

Si presenta come un territorio ristretto, con una superficie di 160 km² circa e quasi ottomila abitanti. È un’isola vulcanica, caratterizzata da ripide scogliere e poche flora e fauna (soprattutto marina); le specie presenti, infatti, sono per la maggior parte introdotte dall’uomo.

La prima colonizzazione avvenne da parte dei polinesiani, intorno all’anno mille, mentre la scoperta da parte degli europei ci fu fra il XVII e il XVIII secolo.

Dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, si ha del discreto turismo verso quest’isola; le possibilità di raggiungere il luogo sono abbastanza limitate, ma essa vanta un elevato numero di alberghi e alloggi con una vasta gamma di prezzo; è da tenere in conto, ad ogni modo, che il costo della vita è abbastanza caro: tutti i beni sono, infatti, importati dalla terraferma.

Moai

La più tipica caratteristica dell’Isola di Pasqua sono i Moai.

Grandi statue monolitiche, busti – con corpo interrato – dai tre a oltre dieci metri di altezza, i Moai sono probabilmente stati costruiti dai polinesiani durante il periodo di colonizzazione. Ve ne sono oltre seicento, ma anche più di trecento in varie fasi di completamento.

Essi sono rivolti verso l’interno dell’isola, con lo scopo di proteggerla e favorire eventi propizi (ad esempio la pioggia); le rappresentazioni più piccole sono le raffigurazioni di antenati o di personaggi importanti per la comunità.

Inoltre, hanno tutti un aspetto simile: labbra chiuse, mento in alto e sguardo severo e ieratico. In principio erano visibili le pupille degli occhi, costituite da ossidiana e corallo bianco, rivolte verso l’alto, oggi presenti in alcune statue grazie alle ristrutturazioni moderne. Le acconciature e i colori sono variabili, a seconda della moda dell’epoca; anche i tipi di incisioni sono molteplici: da simil tatuaggi a perizoma coprenti le parti intime, oltre a tavolette scritte in lingua rongorongo.

I Moai si trovano, posizionati in fila, in piattaforme cerimoniali (ma anche centri politici e sociali) dette Ahu. Esse sono costituite da un’area livellata e una rampa ascendente di pietre rotonde, la quale porta a uno spazio rettangolare di roccia di basalto.

Ad oggi, un Moai si trova nel prato di Michelwiese ad Amburgo, uno al British Museum di Londra e un altro al Musée du Quai Brainly a Parigi.

Per giunta, un Moai si trova a Vitorchiano, in provincia di Viterbo, eretto nel 1990 da una famiglia di abitanti polinesiani dell’isola. Alto circa sei metri e di trenta tonnellate, fu costruito in occasione dello spazio nella trasmissione di Rai Tre “Alla ricerca dell’Arca” (di Mino Damato, 1988 – 1990).

Il 14 giugno 2015 è stato inaugurato un altro Moai a Chiuduno, provincia di Bergamo, costruito e donato nella circostanza del festival de Lo Spirito del Pianeta.

Rongorongo

Il ko hau roŋo-roŋo è un sistema di glifi e la scrittura propria degli abitanti di Rapa Nui. Rongorongo significa letteralmente recitare o declamare, ma il nome originale della scrittura è probabilmente kohau motu mo rongorongo che significa “linee incise per essere cantate”. Ancora oggi non ne sono stati decifrati tutti i simboli. Le iscrizioni si trovano principalmente su tavolette, oppure oggetti di legno, statue e ornamenti.

La lettura, soprattutto per quanto riguarda le tavolette, è molto particolare: si inizia dall’angolo in basso a sinistra, per poi procedere verso destra fino alla fine della riga e ruotare la tavola di 180 gradi; in questo modo si procede leggendo la linea successiva, che appare, quindi, in posizione riflessa rispetto alla precedente.

Le incisioni erano effettuate con stili di vetro di ossidiana o denti di squalo ed erano nette e molto profonde. Le forme erano simboli stilizzati di animali, umani e piante, ma anche varie forme geometriche.

La distruzione delle tavolette e la scomparsa del rongorongo sarebbero la conseguenza delle epidemie e dei raid schiavisti compiuti dai peruviani a partire dal 1859, fino a quello più devastante del 1862, che avrebbero ridotto notevolmente la popolazione e ucciso gli ultimi nativi in grado di leggere e scrivere il rongorongo.

In conclusione, anche l’Isola di Pasqua è un luogo degno di essere visitato, ricco di storia, mitologia e paesaggi particolari.


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