Margini: non rimanere intrappolati sognando in grande
Scritto da Irene Raponi il Novembre 5, 2022
Al Monterotondo Film Festival arriva lo street punk capace di parlare ai giovani e alla vita di provincia
In un CineMancini avvolto dall’atmosfera di Halloween, lo scorso lunedì 31 ottobre si è ritrovato un pubblico pronto a rimanere toccato dalla storia raccontata da Niccolò Falsetti e Francesco Turbanti in “Margini”. Il film segue le rocambolesche avventure di una band punk a Grosseto, i Waiting for Nothing, che cercano di organizzare un concerto del loro gruppo preferito nella desolata provincia, incontrando ostacoli e compiendo scelte difficili. I Waiting for Nothing sono la versione cinematografica dei Pegs, il gruppo punk hardcore di cui fanno parte il regista Falsetti e l’attore Turbanti. L’elemento autobiografico, lo stile originale e il linguaggio coinvolgente parlano al pubblico con una carica emotiva impossibile da ignorare. Specialmente i giovani cresciuti in provincia come i protagonisti possono riconoscersi in quelle sfide e capire quegli ostacoli che sembrano voler imprigionare i grandi sogni e limitarli.
Prima della proiezione, abbiamo chiesto al regista Niccolò Falsetti di parlarci proprio di questa relazione con la provincia, che a volte ci invita quasi a sognare in piccolo invece di andare oltre i limiti. Ci chiedevamo se crescendo avesse avuto questa sensazione e se nel suo percorso di artista avesse mai avuto la tentazione di sognare dentro gli schemi bloccato dalla paura. “La tentazione viene perché è un pensiero conciliante,” ha spiegato Falsetti durante la nostra intervista, “la vita in provincia ha questo aspetto strano. Non è una vita ostile apparentemente e quindi nella pace di trovare il parcheggio sotto casa, la strada pulita, il parco carino con un po’ di verde a portata di mano e la campagna a tiro c’è sempre il fatto che c’è qualcosa che sembra che ti culli, perché è la via più sicura. Quando uno non rischia, non si mette in moto, non si mette in gioco, non prova e quindi non sbaglia mai e cresce poco”.
Quindi la tentazione di rimanere un po’ più comodi, di accontentarsi è sempre dietro l’angolo, perché come detto da Falsetti, “la provincia è un’antagonista che ti culla, perché in fin dei conti lì si sta bene”. Questa sensazione di tranquillità può però lasciare spazio anche all’ansia della staticità, “come a quei ragazzini a cui manca l’aria” ha aggiunto il regista. E fortunatamente è proprio questa ansia che spinge i giovani a muoversi. Chiunque ha sperimentato questa sensazione, questa ansia, si può sentire accomunato ai protagonisti da quell’inquietudine buona che porta a muoversi, a cambiare, a sognare e a scoprire che siamo fatti per grandi cose. Però al desiderio di crescere e di cambiare le cose si aggiunge la paura del fallimento, di non farcela. Nel film incontriamo personaggi che sbagliano, che cadono e che fanno tutte le scelte sbagliate possibili. Il regista, durante l’incontro con il pubblico, ha raccontato che è stato difficile far sbagliare così tanto i personaggi a cui volevano bene, ma era necessario che si facessero male e che di conseguenza facessero male ai loro amici, ai loro partner, alle loro mamme, perché dovevano continuare a provare senza arrendersi. Con questo nella scrittura del film, volevano dare importanza agli errori che spesso siamo educati ad evitare. “L’errore deve essere sempre progettuale,” ha spiegato Falsetti “quando uno progetta deve metterci anche il fallimento. Allora è un progetto che funziona. Se l’errore è dentro allora c’è qualcosa che è vivo, che è vitale”. “Margini” parla di errori e di come rialzarsi e di come continuare a camminare nonostante si cada in situazioni che possono sembrare sconfitte insuperabili. Forse questo è anche l’esperienza della provincia stessa con la sua duplice natura, che da un lato ti culla e cerca di evitarti di sbagliare ma che nel mentre può essere troppo soffocante. Nel film la mamma di uno dei protagonisti ad un certo punto chiede al figlio se non possa sognare un po’ più in piccolo, e il regista ha spiegato così la scena ai nostri microfoni:
“La battuta di sognare in piccolo è benintenzionata, viene da una mamma che dice al figlio di non correre troppo veloce per non sbattere la testa contro il muro. Però forse in una certa fase della vita e soprattutto in certi contesti bisogna correre sapendo che non è un correre per farcela per forza ma per stare in moto ed essere in cambiamento per cercare di fare qualcosa. È proprio lì che si può innescare una possibilità di cambiamento per qualsiasi tipo di status quo”.
Allora a questo punto ci siamo chiesti, è possibile rimanere legati alle proprie origini, alla propria identità, alla propria provincia, senza rimanervi intrappolati? Niccolò Falsetti ci ha risposto sorridendo che lui e Francesco Turbanti fanno parte di quelle persone che hanno dovuto lasciare la provincia per inseguire il loro sogno ma “diciamo sempre che c’è una sorta di cordone ombelicale elastico che poi ti richiama a casa e capisci perché te ne eri andato. Ma al contempo è qualcosa che non si rescinde mai. Sapere da dove vieni ti aiuta ad andare dove vai perché è un processo di identità, di auto conoscimento e di autocomprensione, ti metti in discussione. Sono cresciuto in questo contesto, e questo contesto in cui sono cresciuto mi darà qualcosa, mi avrà dato qualcosa, anche in quelle cose in cui mi ha viziato, allontanato, esiliato, sulle cose che mi ha tolto, che mi ha dato. Forse c’è dello spazio che posso riempire pensando, creando, trovando persone che come me che hanno quella stessa voglia. E quello, te lo porti ovunque vuoi.”
Sì, “Margini” è una storia di ragazzi che soffrono i limiti imposti dalla provincia ma allo stesso tempo sa essere una lettera d’amore a questo luogo. In effetti, il film si conclude proprio con una canzone d’amore, soltanto qualcuno che ama questa realtà avrebbe potuto raccontarla così. Non solo desolazione e limiti, ma come raccontato da Falsetti e Turbanti, anche un luogo dove persone che si trovano e si scoprono mossi dalla stessa passione riescono a creare una comunità pronta a superare insieme ostacoli, proprio come quella che si è costruita attorno alla creazione di questo film. Anche se la storia racconta di un gruppo di ragazzi appassionati di punk, riesce a parlare anche a chi non ne ha mai ascoltata una nota di questa musica. Riesce a toccare tutti quei giovani e quegli adulti che nella loro vita hanno dovuto fare i conti con questa casa accogliente e soffocante. Alla fine, ci hanno raccontato della scelta del titolo che viene da una canzone degli Ultimi “Ai margini” “che parla proprio dell’oltre periferia di cui non si parla mai, la provincia”. Ecco questo è esattamente quello che volevano fare con questo film: cercare di indagare cosa significa vivere ai margini.
“Margini” ci insegna che non è abbastanza vivere comodamente in uno status quo che ci abbraccia, che sognare in piccolo prima o poi ci soffoca, che per crescere e cambiare le cose faremo tanti errori e ci faremo male, ma che non possiamo addossare tutta la responsabilità ai limiti della provincia, perché si possono superare con la giusta determinazione. Che in fin dei conti i margini, proprio come i bordi, definiscono. Quindi quei margini che sembrano opprimere e allontanare, forse in realtà ci dicono solo da dove partire.
Di Irene Raponi
A cura della Redazione